Tra i diversi obblighi che discendono dal matrimonio vi è quello di coabitazione, che rappresenta una delle basi fondanti della vita coniugale (vedi anche il nostro Vademecum per la separazione consensuale dei Coniugi).
I coniugi, infatti, secondo quanto previsto dall’art. 144 c.c., concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia, secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa.
Tuttavia, non è raro che in situazioni di crisi matrimoniale uno dei coniugi decida di lasciare la casa familiare. In tali situazioni è del tutto normale che sorgano dei dubbi e delle perplessità su quali possano essere le conseguenze legali di tale scelta.
L’abbandono del tetto coniugale è un concetto giuridico che può avere importanti ripercussioni in sede di separazione, specialmente se non vi sono motivazioni valide a giustificare l’allontanamento.
Per questo motivo, è fondamentale comprendere cosa si intenda esattamente per abbandono del tetto coniugale, quali siano le circostanze che lo rendono lecito e quali le conseguenze che possono derivarne.
Cos'è l'abbandono del tetto coniugale?
L’abbandono del tetto coniugale si verifica quando uno dei coniugi, senza una giustificazione valida, si allontani arbitrariamente dalla residenza che era stata precedentemente individuata come dimora familiare e rifiuti di tornarvi.
Questo comportamento, qualora avvenga senza giusta causa, può essere considerato una violazione dei doveri coniugali sanciti dall’art. 143 del Codice Civile, che, come detto, impone ai coniugi il reciproco obbligo di coabitazione.
La nozione di giusta causa è una nozione volutamente generica per consentire al giudice un adeguato apprezzamento della situazione.
Si ritiene comunque che l’allontanamento sia giustificato quando:
- sia stata proposta domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Si ritiene, infatti, che l’introduzione di tali procedimenti valga di per sé a rendere intollerabile la convivenza;
- si siano verificati fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o tali da arrecare grave pregiudizio alla prole. Un esempio tipico è il caso in cui un coniuge abbia avuto una condotta maltrattante e/o violenta nei confronti dell’altro o dei figli.
In ogni caso l’onere della prova dell’esistenza di una giusta causa spetta al coniuge che si è allontanato.

Quali sono le conseguenze dell'abbandono del tetto coniugale?
Il codice civile prevede che dall’abbandono del tetto coniugale derivino diversi effetti.
Perché, però, essi si realizzino, occorre che il coniuge abbandonato inviti l’altro a ritornare e che quest’ultimo si rifiuti di farlo. L’invito a ritornare non richiede alcuna forma particolare, purché sia espresso. Il rifiuto, invece, può essere anche tacito, concretizzandosi nel semplice fatto di non far ritorno alla casa coniugale.
Nel caso in cui venga accertato che l’abbandono del tetto coniugale era ingiustificato le conseguenze giuridiche a cui va incontro il coniuge sono le seguenti:
- la sospensione del diritto all’assistenza morale e materiale (art. 146 c.c.).
- il sequestro dei propri beni, a garanzia dell’adempimento dell’obbligo di contribuzione e dell’obbligo di mantenimento del genitore verso i figli;
- l’addebito della la separazione, con conseguente perdita
- del diritto all’assegno di mantenimento, a meno che il coniuge non versi in stato di bisogno (in questo caso, qualora ne sussistano i presupposti, avrà diritto agli alimenti, ossia potrà avere diritto ad un assegno alimentare commisurato al suo bisogno ed alle condizioni economiche del coniuge che li deve somministrare);
- dei diritti successori.
- in caso di figli minori, il giudice potrebbe considerare l’abbandono del tetto coniugale come un fattore rilevante nell’affidamento dei minori , privilegiando il coniuge che ha garantito la stabilità familiare. Se, infatti, dall’abbandono del tetto coniugale sia derivata, da parte del coniuge che ha posto in essere l’allontanamento, una mancata contribuzione ai bisogni della famiglia, con grave pregiudizio per la prole, tale comportamento potrebbe essere valutato dal giudice come indice di una inidoneità genitoriale, che, nei casi più gravi, potrebbe portare ad una pronuncia di affidamento esclusivo dei minori in favore dell’altro coniuge.
L’abbandono del tetto coniugale è un reato?
Secondo l’articolo 570 co.1 c.p. chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale della famiglia, si sottragga agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 1.032 euro.
E’ importante sottolineare, quindi, come la semplice scelta di lasciare il domicilio coniugale non costituisce più un illecito penale.
Attualmente, infatti, perché si configuri il reato, non è sufficiente qualsiasi allontanamento dal tetto coniugale, ma è necessario che:
(i) il coniuge non intenda farvi ritorno;
(ii) dall’allontanamento sia derivata una violazione degli obblighi di assistenza inerenti la qualità di coniuge (es. se il coniuge che abbandona la casa coniugale smette anche di contribuire economicamente al mantenimento della famiglia).
L’abbandono del tetto coniugale, pertanto, non si riferisce solamente alla mera assenza fisica dalla casa familiare, ma anche all’interruzione ingiustificata di ogni forma di assistenza morale e materiale nei confronti del coniuge e, eventualmente, dei figli. Pertanto, la giurisprudenza tende a valutare caso per caso le circostanze dell’allontanamento, analizzando se vi sia stata una motivazione legittima che giustifichi la condotta del coniuge che si è allontanato.
È quindi importante distinguere tra il mero allontanamento, che può avere ripercussioni in sede civile, e la violazione degli obblighi di mantenimento, che può avere conseguenze anche sul piano penale. Chi si trova in una situazione di crisi coniugale e sta valutando di lasciare la casa familiare dovrebbe consultare un avvocato per evitare di incorrere in eventuali responsabilità legali.
Un caso d’esempio
Per comprendere meglio quali siano le conseguenze dell’abbandono del tetto coniugale, proviamo a considerare un caso pratico.
A seguito della condotta violenta del marito, la moglie, al fine di tutelare la propria incolumità e quella dei figli minori, decide di lasciare la casa familiare.
L’allontanamento posto in essere dalla donna, in questo caso, è pienamento giustificato, in quanto la moglie, a fronte dell’avvenimento di fatti tali da rendere intollerabile la convivenza e da arrecare grave pregiudizio alla prole, si è allontanata dalla residenza familiare in presenza di una giusta causa. Alla donna, pertanto, non potrà essere in alcun modo addebitata la separazione. Anzi, a fronte della condotta serbata dal marito che ha reso, con il proprio comportamento, intollerabile la convivenza e recato grave pregiudizio per la prole, sarà ad egli ad essere addebitata la separazione.
Conclusioni
L’abbandono del tetto coniugale è una scelta che può avere rilevanti ripercussioni legali, soprattutto in sede di separazione. Prima di prendere una decisione in tal senso, è sempre consigliabile consultare un avvocato esperto in diritto di famiglia, che possa valutare le specifiche circostanze del caso e suggerire la strategia più adeguata per tutelare i propri diritti.
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